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Venerdi, 28 Maggio 2004

spacerTiro all’americano
di Gualtiero Vecellio


E’ diventato uno sport, un’attività di massa: quella del crucefige Stati Uniti. Era sperabile, augurabile che questo sport e questo tipo di attività non si manifestasse come pur si manifesta: nelle forme e nei modi simil Indymedia o simil rifondaroli e circuiti “sociali”. Ma il virus invece dilaga, senza freno. Ora io sarò pure un amerikano con tutte le strakappa del caso. E pazienza se mi beccherò del militarista da chi non sapevo neppure dove fosse e cosa facesse, quando - con appena altri sei: Walter Baldassarri, Rolando Parachini, Angelo Tempestini, Vincenzo Zeno, e, sì, anche lui, Francesco Rutelli - comunicammo al ministero della Difesa che ci mettessero pure in galera, tanto noi eravamo indisponibili sia al servizio militare che a quello civile, e questo perché avevano sabotato la legge sull’Obiezione di coscienza.

E pazienza, ancora, se sembra che tutta questa gente fosse impegnata altrove: ovunque, ma non dove io mi trovavo, quando un giudice romano, ordinò l’arresto di Giancarlo Cancellieri, Roberto Cicciomessere, Bruno De Finetti, Andrea Tosa e mio per vai a capire quale inchiesta che coinvolgeva anche i Proletari in Divisa di “Lotta Continua”. E dire che di “Lotta Continua” non eravamo mai stati militanti, e neppure dei Pid. Figurarsi poi se avevamo distribuito dei volantini all’interno di una caserma di Orvieto: mai indossato la divisa, mai stato in una caserma.

Tutti i “puri e duri” di “Lotta Continua”, una volta pubblicata la lista dei “ricercati” sul “Messaggero” s’involarono. Solo noi ci consegnammo: ci volete? Prendeteci pure. Cicciomessere davanti alla piazza di Montecitorio; tutti noi all’Accademia dei Lincei, di cui il vegliando De Finetti era membro, in occasione dell’inaugurazione con il presidente Leone. Finì, grazie alla nostra spontanea consegna, a “tarallucci e vino”, per noi e anche per quelli di “Lotta Continua”. Ma forse loro c’erano, e chissà dov’ero io; e se me lo sono sognato quello che credo sia accaduto attorno a me: visto che tanti grilli parlanti, qua e là si sentono in dovere di spiegare quello che è giusto, bello e buono.

“Grilli parlanti” che ti chiedi: ma davvero aveva poi torto Pinocchio, quando scagliò il martello? E’ avvilente che si debba dire quel che in pochi si dice. Così, tutti a inveire, a gara, contro gli Stati Uniti, biechi e cattivi. Tutti a spiegare che seppure processano i seviziatori in Irak, è una farsa, un volare di stracci. E se anche si rimuovono i generali, è tutta una finta. E sempre tutti a dirci che se non ha ragione chi il 4 giugno manifesterà contro la visita di George W. Bush, certo ha torto chi esprime invece gratitudine a quel paese che venne in Europa a liberarci da fascismo e nazismo. Sono pieni i cimiteri di ragazzi che neppure sapevano bene dov’era Roma o Parigi, ma chissenefrega? Potevano restarsene a casa e lasciarci il nostro Duce e il nostro Führer.

Così Guantanamo e Abu Ghraib sono diventati l’emblema e il simbolo del Male, quello Assoluto e quello Relativo: di cui ovviamente Bush e America sono personificazione. Così siamo a un passo dal dirlo, ma ci arriveremo, questione di poco, che in fin dei conti l’11 settembre, le stragi alle Twin Towers e al Pentagono, null’altro sono stati se non una legittima difesa di oppressi contro una politica imperialista, una legittima rappresaglia. Insomma: gli americani se la sono voluta, cercata e meritata. Così, ecco: l’Irak è “occupato”. I terroristi sono “resistenti”.

Gli assassinii quotidiani a Baghdad e altrove, sono lotta di liberazione. Si è volgari, sicuro, se si dice che possono andarsene tutti a quel paese, quelli che dicono, scrivono e pensano queste cose. Volgari, ma se lo strameritano. Bisognerebbe pur dire e ricordare (ma quanto poco lo si dice e lo si ricorda; e non si obietti che è cosa scontata, sottintesa. Niente è scontato e sottinteso), che non siamo, intanto, noi cittadini d’Europa i più titolati a scagliare pietre dello scandalo.

E’ bello l’articolo scritto da Pierre Vidal-Naquet su “Le Monde” (non direi che l’autore e il giornale siano “amerikani”), che riflette sulle sevizie abominevoli di Abu Ghraib e di Baghdad; ma ricorda ai suoi connazionali che non è il caso siano così lesti nel salire sul pulpito, visto che i francesi in Algeria hanno fatto ben di più e ben di peggio; ma soprattutto visto che i monsieurs dopo tanti anni ancora non hanno fatto chiarezza su quel che fu e quel che furono. E questo discorso un po’ lo possiamo fare anche per noi: che siamo certo italiani brava gente, ma non sempre: come agevolmente si può dimostrare. Ed è ancora il meno.

Vidal-Naquet conclude: gli americani hanno arrestato i torturatori. Noi arrestavamo chi denunciava i parà torturatori. E anche tra noi, c’è qualcuno che potrebbe raccontare di quei giorni e quei tempi, avendoli vissuti in prima persona e scritti quando poteva. Ma al di là di questo, è la denuncia che quotidianamente viene fatta circa la falsità della democrazia americana, il suo essere un involucro vuoto, la sua ipocrisia, e anche la violenza, la volgarità, e tutto il catalogo trito e ritrito che sappiamo. Ebbene: sono proprio loro il miglior elogio a quella democrazia. Le denunce continue che si fanno alla democrazia americana.

Le elencazioni delle contraddizioni e delle lacune fondate che siano o no, comportano che là ci si squarta e dilania per correggersi ed emendarsi. Ed accade, è accaduto, accadrà. A differenza di altri sistemi, dove l’errore viene confermato senza sosta e dove la capacità di autocorrezione non esiste.  Io so che in quella democrazia così vituperata e dileggiata, guardata in cagnesco e con sospetto, si discute e si dibatte di tutto: da Abu Ghraib agli scandali finanziari, dalle lobby ai conflitti di interesse, e molto prima e molto meglio di quanto non facciano i Gore Vidal e i Michael Moore.

E perfino del complesso militare industriale si può leggere e si discute, e non solo nei bollettini ciclostilati e distribuiti dalla City Lights Library, ma anche in libri acquistabili da Barnes&Nobles solo a volerli cercare, per non dire di quelli che si possono ordinare in rete. Ci sono una quantità di guai, negli Stati Uniti, un cantiere infinito di malaffare e malaffari, che però non smette un istante di rinnovarsi: e di vincere ogni volta le sfide contro regimi autoritari. Chi lamenta in libertà i limiti gravi del sistema americano ne tesse, suo malgrado, l’elogio migliore, più radicale. Non capire questo non è di per sé molto grave. Significa “solo” che sull’essenziale non si capisce e non si è compreso nulla. Ed è questo non capire e non comprendere che trovo inquietante e un poco (solo un poco) irritante.

Gualtiero Vecellio


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